Come rendere accessibili i libri universitari? Intervista a Deascuola
Interviste
Il mese scorso, la Bologna Children’s Book Fair ha ospitato la prima edizione non virtuale di BolognaBookPlus, una nuova iniziativa realizzata in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori che ha l’obiettivo di raggiungere, a livello globale, un pubblico più ampio di professionisti del settore editoriale.
In questo contesto, il 22 marzo, Fondazione LIA ha organizzato il seminario Let’s get accessible! All you need to know to produce publications (and images) that every reader can enjoy per raccontare quali sono i benefici di creare contenuti accessibili per le persone con disabilità visiva, dando forma a un’offerta editoriale inclusiva per tutti i lettori.
L’evento – che si inserisce fra le iniziative del progetto Aldus UP – ha, in primo luogo, fornito una panoramica della recente evoluzione della legislazione relativa all’accessibilità e delle buone pratiche per la produzione di pubblicazioni di qualità e fruibili da tutti.
Un focus è stato poi dedicato al tema delle descrizioni alternative delle immagini (alt-text): gli editori hanno sempre fatto ricorso a immagini e a rappresentazioni visuali di tutti i tipi (fotografie, illustrazioni, grafici, ecc.) per arricchire il testo e veicolare concetti ed emozioni. Le descrizioni alternative sono perciò un elemento chiave per garantire che questi contenuti siano pienamente accessibili per le persone con una disabilità visiva.
Durante il seminario, Elisa Molinari (Project Manager di Fondazione LIA) ha discusso di questi temi con Marta Fornasero (Editor di Deascuola) e Filippo Floridia (E-book Production Coordinator del Gruppo Mondadori), che hanno raccontato ai presenti il lavoro fatto a questo proposito dalle loro case editrici.
Marta Fornasero lavora da otto anni nella redazione di Deascuola, dove si occupa di libri di testo destinati agli studenti universitari e di temi quali l’inclusione e l’accessibilità. Nel suo intervento si è concentrata sulle buone pratiche da implementare e ha raccontato come il team della sua redazione lavora un libro per renderlo adatto alle esigenze di tutti e come cura i contenuti visivi. In questa intervista, le abbiamo chiesto di condividere con noi i principali risultati del suo lavoro nel campo dell’accessibilità.
MARTA FORNASERO (EDITOR di DEASCUOLA)
La tua casa editrice è già da qualche tempo attiva sul fronte dell’accessibilità. Quali buone pratiche consiglieresti agli editori che stanno iniziando ora a occuparsene?
Noi ci siamo avvicinati al tema dell’accessibilità più tardi di altri editori, quindi il mio primo consiglio è di ricordarsi sempre che non è mai troppo tardi.
Come prima cosa: niente panico. In un ambiente di lavoro ben collaudato, è assolutamente normale che inserire nuove fasi e nuovi passaggi all’interno del proprio workflow possa spaventare o risultare destabilizzante. Voglio però rassicurarvi: dopo qualche tentativo, errore e correzione, le prassi introdotte diventeranno naturali.
Il mio secondo consiglio è che è necessario lavorare sull’accessibilità inserendola all’interno di un contesto più ampio, nonché essenziale e prezioso: quello della cultura inclusiva. L’accessibilità non è solo un altro punto da aggiungere alla lista delle cose da fare o una questione burocratica, ma richiede qualità e attenzione.
Per questo, vorrei incoraggiare tutti gli editori a investire di più nella cura di questo aspetto. Molte persone ve ne saranno grate e avrete un riscontro positivo anche da un punto di vista commerciale.
Per Deascuola e per il mio team è importante collocare il tema nel vasto quadro dell’inclusione adottando una prospettiva intersezionale. Come casa editrice e come persone che lavorano nel mondo dell’educazione e della cultura, l’inclusione di ogni persona all’interno dei nostri libri è, del resto, un elemento cruciale poiché, se gli studenti (o i lettori) non si riconoscono al loro interno, significa che non esistono. Le persone che prendono in mano un libro hanno bisogno di riconoscersi in esso, nelle sue parole, negli esempi, negli esercizi, nel linguaggio utilizzato. Siamo abituati a leggere di persone agiate, bianche, magre, abili, ma stiamo provando a capovolgere la situazione e a offrire prodotti culturali che possano parlare a tutti allo stesso modo.
Il mio terzo suggerimento è meno teorico e più pratico: affidatevi a dei formatori esperti, come noi abbiamo fatto affidandoci a Fondazione LIA. Lungo la strada che porta all’accessibilità, non potrete inventare o improvvisare. Per questo, il supporto che abbiamo ricevuto dalla squadra di LIA è stato molto importante per noi. Inoltre, non abbiate paura di chiedere aiuto, di sbagliare o di rimettervi in gioco dopo un passo falso: come ho già detto, non è mai troppo tardi.
L’ultimo, ma non meno importante, dei miei consigli è di formare tutte le persone che collaborano al vostro progetto culturale, perché sono tutte coinvolte: siate intersezionali anche nel prendere in considerazione i vostri flussi di lavoro.
L’accessibilità interessa sia i processi produttivi che quelli distributivi. In particolare, in che modo se ne occupa la redazione?
Noi siamo un piccolo team di tre editor all’interno di una grande casa editrice e ci occupiamo di titoli che si rivolgono agli studenti universitari, soprattutto di manuali. Lavorando a questi volumi collaboriamo con gli autori – che sono soprattutto professori – così come con correttori di bozze, tipografi, grafici, illustratori e promoter; è così che, giorno dopo giorno, siamo arrivati a comprendere che tutti hanno bisogno di imparare il modo migliore di integrare l’accessibilità nello svolgimento dei propri compiti.
I nostri correttori di bozze e copywriter sono formati per utilizzare un linguaggio e per creare contenuti che siano inclusivi e ora impareranno anche a scrivere descrizioni alternative di immagini complesse vagliandole caso per caso. I nostri grafici, disegnatori e tecnici, invece, faranno pratica nell’uso di InDesign e dei file PDF allo scopo di garantire l’accessibilità delle pubblicazioni.
Infine, Deascuola ha un vasto network di rappresentanti incaricati di girare le università e presentare i nostri libri ai docenti: il know-how relativo all’accessibilità è per noi profondamente rilevante anche in questa fase di promozione.
Gli editori usano da sempre, all’interno dei testi, contenuti visivi di ogni genere per arricchirli e comunicare meglio i concetti. Voi come curate la scrittura delle descrizioni alternative per le immagini?
Noi pubblichiamo tra i cinquanta e i sessanta titoli all’anno, per la maggior parte, novità. Inoltre, ogni tre o quattro anni dobbiamo aggiornare i nostri libri e realizzarne nuove edizioni perché, come potete immaginare, i loro contenuti diventano in fretta obsoleti: non appena stampati iniziano a invecchiare.
Il nostro catalogo non include libri di narrativa, ma manuali scolastici dedicati alle discipline scientifico-tecnologiche o umanistiche e libri d’arte. In questo genere di pubblicazioni, sono presenti immagini complesse, come illustrazioni, diagrammi, grafici, mappe, mappe concettuali e infografiche. Per questa ragione, al momento stiamo assimilando un nuovo workflow che prevede che i contenuti visivi e le descrizioni alternative vengano prese in considerazione fin da subito: per quei libri che hanno un esteso sistema iconografico, ora procediamo innanzitutto all’analisi di tutte le immagini per identificarne le tipologie e scegliere la migliore strategia per gestirle al meglio.
In molti casi, per esempio con i libri di testo di ingegneria, economia o scienze, stiamo implementando nuove pratiche e metodologie che prima non adottavamo. Inoltre, quando ne abbiamo necessità chiediamo direttamente aiuto ai nostri autori, poiché il nostro obiettivo principale rimane sempre quello di essere il più accurati possibile.
(Intervista a cura di Elisa Molinari)