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Inclusione e innovazione per crescere

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Il 28 aprile si è tenuto presso la sede di Fondazione LIA l’incontro ‘Prova in un altro modo, la narrazione di un incontro in azienda con un lavoratore con disabilità’, in collaborazione con Diversitalavoro, evento durante il quale la psicologa del lavoro Isabella Ippoliti ha proposto esercitazioni e attività mirate a riorientare l’approccio aziendale alla diversità. La giornata si è conclusa con un Reading al buio a cui ha preso parte Andrea Notarnicola, autore di Global Inclusion che ci ha raccontato come innovazione e inclusione vadano sempre più di pari passo.

 

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Nel tuo libro (Global inclusion, Franco Angeli) scrivi che "Inclusione e innovazione sono un binomio per crescere". Come? 

Un gruppo fatto di esperti noti per la loro creatività, ma comunque omogenei, può risultare meno creativo di un gruppo di persone “non creative” che tuttavia hanno un background vario per etnia, cultura, formazione, genere, abilità, affettività, età, religione e, più di tutto, stili e aspirazioni personali. Secondo la ricerca, perfino gruppi messi insieme a caso trovano soluzioni migliori rispetto a gruppi omogenei di esperti che condividono una stessa formazione e la pensano allo stesso modo.
Così, per esempio, è dimostrato che gruppi etnicamente eterogenei producono idee più efficaci e fattibili di quelle messe a punto da gruppi omogenei. Le migliori imprese globali hanno misurato la forza di gruppi di lavoro che siano variegati e difformi dalla consueta cultura dominante quando le priorità sono attrarre nuovi clienti, promuovere pratiche di innovazione, generare nuova energia. Questo è sempre stato vero. I fondatori di Ford, General Electric, IKEA, Virgin e Apple erano dislessici, esattamente come Thomas J. Watson, l’uomo che nel secondo dopoguerra inaugurò l’era dell’informatica con IBM. Una forza lavoro diversificata e inclusiva genera risultati superiori per livello di collaborazione in team (+57%), produttività delle persone (+12%), retention (+19%). E’ la connessione tra diversità e innovazione dunque il fronte più interessante per le imprese: parliamo sia di innovazione di prodotti e servizi sia di innovazione nelle modalità di gestione.

 

Cosa caratterizza le aziende che hanno già capito che l’inclusione può diventare una leva competitiva?

Le imprese inclusive hanno compreso il valore di un lavoro sugli stereotipi e sui pregiudizi, ovvero l’importanza di un cambiamento culturale nelle imprese. Pregiudizi e stereotipi culturali possono portare l’impresa a disperdere talento in relazione a convinzioni su dimensioni quali l’età, la storia personale, la famiglia di origine, l’azienda o la funzione di provenienza, il livello gerarchico e il ruolo attuale, la formazione, le lingue parlate, le circostanze personali, lo stato familiare, l’estetica, l’abilità, lo stato di salute, l’introversione o l’estroversione, il credo, il pensiero, la nazionalità, l’etnia, il genere, l’orientamento affettivo-sessuale, l’identità e l’espressione di genere ecc. di una persona. Le migliori imprese hanno deciso di accettare le proprie aree di miglioramento e i propri errori, di facilitare la costruzione di intelligenza collettiva, attraverso una forma di apprendimento collaborativo e social, di costruire un ambiente più rispettoso: in questo senso non siamo tanto interessati alle convinzioni profonde delle persone, quanto ai loro comportamenti di rispetto e coinvolgimento reciproco, ovvero alla loro consapevolezza.

 

Quali sono state le sensazioni provate durante il “Reading al buio”?

E’ stato un onore per me partecipare al reading al buio di alcune pagine di “Global Inclusion”. Anche perché per la prima volta, in una presentazione del libro, ho avuto la sensazione che il pubblico si mettesse in ascolto di quello che avevo scritto in modo così completo, intenso, globale appunto. E questo grazie alla possibilità di vivere una esperienza di inclusione che dimostra come l’accesso alla lettura e alla vita sia una questione di linguaggi e di strumenti. Offrendo a tutti i mezzi e l’opportunità di sviluppare  competenze è possibile attivare una partecipazione viva ad un progetto comune. Un grazie alla Fondazione LIA per questo percorso di cambiamento culturale. Mi auguro che le imprese comprendano sempre di più il valore di un lavoro sull’accessibilità dei testi, in primo luogo dei materiali di comunicazione che esse stesse producono copiosamente per i loro clienti e collaboratori.